Ernia iatale: un disturbo fastidioso, asintomatico, diffuso tra giovani e anziani

L’ernia iatale si manifesta con la risalita di una porzione dello stomaco dall’addome verso il torace attraverso una apertura localizzata nel diaframma (iato diaframmatico). Questa patologia può causare anche reflusso acido dallo stomaco verso l’esofago e correlarsi all’incontinenza dello sfintere esofageo inferiore.

È una condizione che in Italia colpisce circa il 15% della popolazione, tasso che sale nella fascia di età superiore ai 50 anni (25%). Le donne, specie durante il periodo di gravidanza, e i soggetti obesi sono le categorie più colpite.

Quasi tutti gli over 80 soffrono di ernia iatale.

Negli Stati Uniti più del 40% della popolazione è affetto da questa patologia con una accelerazione dei casi dopo i 60 anni.

Tipologia dell’ernia iatale

Sono tre i principali tipi di ernia iatale: ernia da scivolamento, ernia paraesofagea, ernia mista.

L’ernia da scivolamento è la più comune e consiste nella entrata e uscita dell’ernia dallo stomaco. In pratica, la parte di stomaco coinvolta si muove su e giù seguendo la pressione esercitata sull’addome. Colpisce in particolare le persone obese e i soggetti anziani.

Nell’ernia paraesofagea (da rotazione), invece, la parte superiore dello stomaco resta bloccata nella cavità toracica, adiacente all’esofago.

L’ernia mista si presenta raramente ed è caratterizzata dalla presenza delle due ernie, da scivolamento e paraesofagea.

Schema ernia natale da scivolamento e paraesofagea

Le cause

Non sono ancora del tutto chiari i fattori scatenanti che portano alla comparsa dell’ernia iatale, ma alcune condizioni sono state evidenziate dalla letteratura scientifica.

All’origine della protrusione di una parte dello stomaco mediante il diaframma può esserci una predisposizione genetica (allargamento dell’apertura del diaframma) così come l’invecchiamento determina importanti cambiamenti della membrana muscolare e tendinea (indebolimento e rilassamento). 

Altri fattori predisponenti sono traumi addominali, sollevamento di pesi, sforzi ripetuti durante l’evacuazione, forte contrazione dei muscoli addominali causata anche da tosse o vomito, pressione addominale in seguito a gravidanza. 

Anche il fumo e indossare vestiti troppo stretti e aderenti sulla zona dell’addome incide sulla manifestazione dell’ernia, così come il sovrappeso e l’obesità – indice BMI superiore a 30 – evidenziano un aumento del rischio di 4-5 volte. 

I sintomi

L’ernia iatale il più delle volte è asintomatica, talvolta, però, vi sono dei segnali ai quali occorre prestare molta attenzione. Il più evidente è il senso di amaro in bocca e il rigurgito acido. A tal proposito occorre precisare che meno del 50% dei soggetti con ernia iatale ha una malattia da reflusso gastroesofageo, mentre coloro che sono colpiti da questo disturbo soffrono spesso di ernia iatale.

Altre spie da non sottovalutare sono rappresentate dalla salivazione intensa; tosse; raucedine; dolori al torace; fiato corto; frequenti bruciori nella zona dello sterno; eruttazioni; sintomi di laringite; tachicardia notturna.

Altri disturbi derivanti dalla patologia

Ernia iatale e incontinenza sfinteriale possono favorire l’insorgenza di complicanze quali il reflusso gastroesofageo, anemizzazione, disturbi polmonari, microsanguinamenti, infiammazione della mucosa esofagea, variazione della stessa in senso preneoplastico (lesione precancerosa determinata da reflusso acidi) ed esofago di Barret

Quest’ultima patologia è presente nel 10-20% dei soggetti malati di reflusso. Si tratta di una infiammazione cronica della mucosa che avvolge l’esofago – in particolare la parte terminale – che può evolvere in tumore. Non di rado è necessario intervenire chirurgicamente per scongiurare la possibilità di una degenerazione della malattia in tumore maligno.

La diagnosi

Una radiografia del torace e una RX con mezzo di contrasto dell’apparato digerente superiore – esofago, stomaco e duodeno – sono essenziali per procedere alla diagnosi di ernia iatale. Si tratta di due esami strumentali innocui dall’estrema precisione.

Per giungere a una diagnosi puntuale si esegue l’esame endoscopico dell’apparato digerente: l’esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS) in pratica è una gastroscopia eseguita mediante l’inserimento via bocca di un sottile tubo flessibile dotato di una luce e una videocamera posta alla sua estremità. Il paziente è sveglio durante l’esame e viene effettuata una leggera sedazione della parte. L’esame può risultare più fastidioso che doloroso.

Con la pH-metria si analizza il livello di acidità, la presenza di reflussi e quanti fenomeni si registrano nell’arco di 24 ore.

Infine, con la manometria esofagea si indaga con accuratezza sia la pressione, sia i movimenti dell’esofago e della valvola che separa quest’organo dallo stomaco.

Alimentazione

Una volta che si è pervenuti alla diagnosi di ernia iatale è ancor più necessario curare il regime alimentare.

La dieta è uno strumento essenziale sia nei casi in cui l’ernia può essere gestita con una terapia farmacologica – inibitori della pompa protonica – sia quando occorre l’operazione.

L’ernia iatale provoca infiammazioni, ulcere della parte inferiore dell’esofago, bruciore cronico, difficoltà a mandar giù il cibo. È suggerito di non consumare pasti abbondanti, masticare con calma, non andare a riposare prima che siano trascorse almeno un paio di ore dal pasto.

Diversi alimenti vanno consumati con estrema moderazione se non addirittura eliminati. Tra questi vi sono gli agrumi, gli insaccati, il cioccolato, il caffè e le bevande che contengono caffeina, così come da evitare sono gli alcolici, il pepe e i cibi piccanti, la menta, la liquirizia, i pomodori e tutti gli alimenti ricchi di grassi saturi, quali ad esempio salsicce e carne di maiale, burro e strutto, fritture, panna, noci, formaggi come mascarpone ed Emmenthal.

La dieta serve non solo a preservare l’organismo da ulteriori danni ma deve tendere anche a un calo del peso.

I fumatori devono rinunciare alla sigaretta, perché il fumo ha forti ripercussioni anche sull’apparato digerente.

La chirurgia

Se i farmaci non sono più sufficienti a lenire i fastidi, allora non resta che intervenire chirurgicamenteonde evitare il rischio di strozzamento. Quando si ha una erniazione superiore a 2/3 dello stomaco nel torace si procede d‘urgenza.  

La fundoplicatio secondo Toupet è la procedura più utilizzata per l’ernia iatale e la malattia da reflusso gastroesofageo. Con l’operazione si riconduce lo stomaco nell’addome, si restringe l’orifizio diaframmatico e viene creata una plastica con una parte dello stomaco per impedire il reflusso del contenuto gastrico in esofago. I due tratti dello stomaco vengono suturati all’esofago con un manicotto gastrico che avvolge l’organo a 270° solo sulla metà posteriore, lasciando così liberi i restanti 90° anteriori di superficie. La valvola è fissata al pilastro destro del diaframma.

È un intervento mininvasivo che garantisce dimissioni più rapide, una agevole ripresa postoperatoria, ridotta assunzione di farmaci e un risultato estetico adeguato. L’operazione viene eseguita con tecnica laparoscopica o robotica e in anestesia generale e consiste nel praticare quattro-cinque piccole incisioni (buchetti di circa 0,5-1 cm) per introdurre gli strumenti nell’addome.

Per creare lo spazio necessario a una più agevole manovrabilità all’interno, nella parete addominale viene introdotta anidride carbonica o protossido di azoto. La durata dell’operazione varia dai 60 ai 180 minuti, in base al volume dell’ernia e all’ampiezza dello iato esofageo.

L’ernia iatale: risalita dello stomaco attraverso il diaframma

A tal proposito, nel trattamento di ernie di grandi dimensioni (giganti) si usa rinforzare la regione con una rete al fine di consolidare la sutura dell’ernia. In generale si propende per l’applicazione di una rete contenitiva a lento riassorbimento realizzata in materiale biocompatibile. Rinvigorendo la parete addominale, le reti evitano successive discese del viscere.

Il programma terapeutico può essere suscettibile di modifiche in presenza di problematiche che possano pregiudicare il buon esisto dell’intervento. In tali casi verranno attuate le procedure più idonee a scongiurare e/o limitare i rischi (ad esempio, conversione dell’intervento da laparoscopio a laparatomico).

Complicanze e benefici

A seguito di ogni intervento chirurgico, talvolta possono manifestarsi complicazioni. Nel caso in oggetto, sono da annoverare lesioni della milza; emorragie ed ematomi; trombosi venose; difficoltà a deglutire, eruttazione, flatulenza e gonfiore; rottura della plastica e scivolamento del fondo gastrico; formazione di aderenze con possibile occlusione intestinale; formicolio e disturbi da postura;

Diversi di questi disturbi scompaiono in tempi relativamente brevi.

A fronte di questi possibili rischi vanno evidenziati i notevoli vantaggi. Tra i più evidenti, l’abbandono della terapia farmacologica – o la risposta non sufficientemente adeguata di essa – che si traduce in un congruo risparmio per il paziente e che riverbera i suoi effetti anche sulle casse del Sistema sanitario nazionale. Inoltre, in particolare per i soggetti più giovani, la procedura chirurgica rappresenta una via più rapida ed efficace per risolvere un problema che incide non poco sulla qualità della vita e che può sfociare in complicanze ben più serie.

Il decorso post-operatorio

Il paziente viene generalmente trattenuto per qualche giorno. Il dolore è di lieve entità e può essere gestito assumendo un analgesico. Dopo l’intervento verrà eseguita una radiografia dell’apparato digerente e, trascorse poche ore, il paziente potrà riprendere a mangiare – osservando una dieta semiliquida o frullata – aumentando gradatamente la quantità e la varietà degli alimenti. Ci vorrà invece qualche settimana prima che possa riprendere a lavorare e a svolgere le normali attività.

Dott. Mattia Pizzi:

“L’intervento chirurgico è il primo tassello per tornare a vivere una vita normale. Il paziente dovrà continuare sulla strada intrapresa con l’aiuto di nutrizionista, dietologo e gastroenterologo che indicheranno il percorso da seguire per conservare nel tempo i benefici e i vantaggi derivanti dall’operazione”.

Dott. Mattia Pizzi:

“L’intervento chirurgico è il primo tassello per tornare a vivere una vita normale. Il paziente dovrà continuare sulla strada intrapresa con l’aiuto di nutrizionista, dietologo e gastroenterologo che indicheranno il percorso da seguire per conservare nel tempo i benefici e i vantaggi derivanti dall’operazione”.